lunedì 20 febbraio 2012

PONTE SAN NICOLO’. Il Gruppo donne raccoglie fondi per lo sviluppo di progetti umanitari a favore dei diritti femminili.

La Difesa del Popolo 5 febbraio 2012

C’è alleanza tra le donne sannicolesi e quelle del Senegal.

La speranza si tinge di rosa. Ne sono fermamente convinte le componenti del Gruppo Donne di Ponte San Nicolò, che da più di 10 anni investono gran parte delle loro energie nella promozione di progetti umanitari a favore degli abitanti, in particolare delle donne, della Regione agricola di Kolda in Senegal. 

Le buone intenzioni non bastano, però, quando si vuole migliorare la vita delle persone che abitano dall’altra parte del mondo. Gli aiuti a fondo perduto possono tamponare le ferite, ma non curano le malattie.  Ed è proprio per questo che il gruppo, ogni due anni, parte alla volta dell’Africa per verificare la buona riuscita del progetti che promuove. L’ultimo di questi viaggi, durato due settimane, si è concluso lo scorso 16 gennaio e ha coinvolto 25 persone tra donne, i loro mariti e i loro figli. 

 
Ad accompagnarli c’erano Ndiobo Mballo e la figlia Awa, rispettivamente Presidente e Responsabile dei progetti femminili della ONG 7a Maa-Rewee. Da dieci anni il rapporto tra la ONG africana e il gruppo sannicolese è molto stretto, e grazie a questo legame è stato possibile, con i finanziamenti provenienti di volta in volta dai Comuni, Regione Veneto e Unione Europea, avviare decisivi interventi a favore dei diritti delle donne, tra cui l’alfabetizzazione e la scolarizzazione, il credito rotativo delle capre e il microcredito. 

“L’alfabetizzazione – spiega Maria Lucina Rigoni, Presidente del Gruppo Donne di Ponte San Nicolò – consente alle donne non solo di leggere e scrivere, ma soprattutto insegna a loro a fare i calcoli, che è fondamentale quindi si hanno tra le mani dei soldi”. Il Credito Rotativo della Capre permette alle donne di prendere in“prestito” bestiame da allevare, dal quale ricavare latte e capretti, che diventano sia merce da vendere sia merce per i figli. Questi progetti di microimprenditoria hanno permesso negli anni un rilevante aumento del benessere: “Nei nostri primissimi viaggi – spiega Ivana Bozzolan – avevamo trovato pochissime capre. Ora invece, nei villaggi di Kolda, oltre alle molte capre, si possono scorgere le prime mucche”. 
 

“Avere dei soldi – osserva Maria Lucina Rigoni – permette alle donne di prendere le decisioni assieme ai mariti. E i soldi in mano alle donne diventano libri e medicine per i figli”. Le donne di Kolda rispetto a soli pochi anni fa hanno più tempo da destinare al lavoro e alla cura dei figli grazie ad un altro dei progetti promossi dal gruppo sannicolese: l’installazione di due mulini elettrici. 

Ma il ruolo delle donne, tuttavia, è ancora molto marginale: “Più che l’Islam – spiega Ivana Bozzolan – sono le tradizioni animiste che penalizzano le donne. L’economia sarà il mezzo del riscatto? Può esserlo anche la politica. Proprio per questo la spedizione padovana ha fatto tappa nel villaggio di Coumbacarà per una lezione di educazione civica”. In Senegal il suffragio esiste dal 1960, ma poche sono le donne, soprattutto nelle campagne, che esercitano il loro diritto. A queste a parlato Maria Lucina Rigoni: “Se le donne votassero potrebbero eleggere altre donne. Queste pretenderebbero delle leggi per cui nessun uomo lotterebbe”. 

La tipica allegria africana spesso di scontra con l’estrema precarietà della vita umana: “Nel Villaggio di Aliou Samba – racconta Ivana Bozzolan – ci stavano accogliendo con una grande festa. Ma subito è giunta la notizia che in una capanna vicina una ragazza di vent’anni, che soffriva d’asma, per noi una malattia banale, era appena morta”.  


A rincuorare i partecipanti del viaggio è stato il successo dell’ultimo progetto, volto a sviluppare la coltivazione della Jatropha Curcas, una pianta che, usata come recinzione naturale degli orti, contrasta la desertificazione e i cui semi sono un concime potentissimo.  Un uso ben diverso da quello che della Jatropha fanno alcune multinazionali, che la coltivano a latifondo unicamente per ricavarne biodisel. 

Incoraggiate dai progressi fatti finora, le componenti del gruppo donne già pensavano a nuovi interventi: in cantiere una diga per la coltivazione del riso e nuovi progetti per la lotta contro la desertificazione. In preparazione anche un opuscolo per raccontare le esperienze maturate durante l’ultimo viaggio in Senegal. “È bello – conclude Maria Lucina Rigoni – vedere il progresso che c’è stato in così poco tempo dal nostro primo viaggio, dieci anni fa. Ci sono più orti, più capre, ma soprattutto c’è più vita nei villaggi. Lo capisci dagli occhi della gente”. 


lunedì 6 febbraio 2012

Elezioni. Senegal sull'orlo della guerra civile

Scontri e morti dopo la candidatura di Wade e lo stop a Youssou Ndour.

Tre morti in 48 ore. E’ il bilancio della protesta che sta dilagando dopo l’autorizzazione concessa dal Consiglio costituzionale senegalese al presidente uscente Abdoulaye Wade di candidarsi per la terza volta consecutiva alle elezioni presidenziali.

Quelle previste il 26 febbraio prevedevano la partecipazione del musicista Youssou Ndour, ma i cinque ‘saggi’ del Consiglio (nominati da Wade) hanno bocciato la sua candidatura sostenendo che la star internazionale non ha saputo presentare un numero sufficiente di firme valide. Non è quindi servito a nulla il ricorso deposto da Ndour due giorni fa che sosteneva di aver superato la soglia delle 10mila firme richieste. Tutto regolare invece per quanto riguarda Wade.

Un anno dopo il suo accesso al potere nel 2000, la nuova Costituzione impose un limite di due mandati per il presidente, ma secondo il Consiglio la normativa non riguarda il presidente, già eletto quando la legge entrò in vigore nel 2001. La decisione ha mandato su tutte le furie l’opposizione senegalese, che potrà comunque contare su quattro candidati giudicati idonei a concorre alle presidenziali.

Ma i veri protagonisti della fronda anti-Wade sono stati Youssou Ndour e i leader del ‘Mouvement du 23 juin’, la coalizione di partiti politici dell'opposizione e della società civile che contesta la candidatura di Wade. Durante le manifestazioni e i primi scontri scoppiati con le forze dell’ordine, il coordinatore di M23, Alioune Tine è stato arrestato, per poi uscire libero ieri sera al termine di un lungo braccio di ferro con il potere.

Dal canto suo, Youssou N'Dour ha fatto appello alla comunità internazionale affinché esprima il suo disaccordo per la conferma della lista dei candidati alle presidenziali di febbraio. «Il processo di colpo di Stato costituzionale è stato messo in atto; 52 anni di costruzione della democrazia sono stati spazzati via. Siamo stati traditi da questa decisione vergognosa», ha detto NDour alla stazione radiofonica francese Radio France Internationale. «Faccio appello quindi a tutte le forze del paese, ai fratelli africani e alla comunità internazionale di esprimere il loro disaccordo contro questo colpo di Stato istituzionale e costituzionale», ha dichiarato il cantante.

I sostenitori di Wade accusano il movimento 23 e Ndour di essere all’origine degli scontri violentissimi che si sono verificati a Dakar con il linciaggio di un poliziotto e Podor (nel nord del paese), dove un giovane e un anziano hanno trovato la morte durante una manifestazione.

Di fronte all’escalation di violenza, la Comunità internazionale non ha tardato a reagire. Da Washington, la portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland ha dichiarato che gli Stati Uniti “rispettano il processo politico e legale, e il fatto che (Abdoulaye Wade sia autorizzato a candidarsi per un terzo mandato, ma il messaggio che gli mandiamo non cambia: la dignità di un capo di Stato consiste a lasciare il posto alla nuova generazione”.

Una richiesta chiara rispedita immediatamente al mittente dal ministro della Comunicazione e responsabile della campagna elettorale di Wade, Hadj Amadou Sall, secondo il quale “è troppo tardi perché Wade è già candidato. La sua candidatura è stata dichiarata ricevibile da un’istituzione costituzionale competente”.

Molto più attendista è stata la posizione presa da Parigi. Da ex potenza coloniale, la Francia si rammarica del fatto che “tutte le sensibilità politiche non possano essere rappresentate” alle presidenziali. Addirittura imbarazzante è stata la posizione presa dall’Unione Europea che, rifiutando ogni commento sulla terza candidatura di Wade, ha condannato le violenze e invitato l’opposizione e il governo a dialogare.

Ma il dialogo sembra impossibile. In un commento scritto per il giornale francese Le Monde, l’ex Segretario generale di Amnesty International e membro del partito socialista senegalese, Pierre Sané, “l’impasse è totale”. Wade “non ha altro in mente che tentare di imporsi al potere con il bluff e questo fino alla morte. Ma i senegalesi non sono più disposti ad accettare questa strategia”. Il presidente uscente “è quindi incastrato, per questo ha scelto una fuga in avanti ad oltranza che rischia di mettere in pericolo la nazione e la regione”.

Ma il sentimento che Wade sia ormai uno pseudo-monarca impazzito e isolato nella sua torre d’avorio. Secondo l’inviato speciale di Le Monde, il presidente senegalese è ancora popolare “tra i cittadini del mondo rurale” e soprattutto “può contare sull’appoggio della potentissima confraternita dei Mourides”. Inoltre, il movimento del 23 giugno appare diviso. Lo ammette Cheikh Banba Dieye, sindaco di Saint-Louis e membro di M23.

“Siamo divisi tra i partigiani del confronto diretto con il potere, di cui faccio parte, e coloro che non fanno altro che difendere i propri interessi. Alcuni si vedono addirittura presidenti oppure sono disposti a lasciare il movimento non appena ne avranno l’opportunità. La nostra generazione ha dei conti in sospeso con coloro che ci hanno preso in giro dall’indipendenza”. Senza nominarli, Dieye punta il dito contro membri influenti di M23, tra cui ex ministri di Wade come Idrissa Seck, Macky Sall, Cheick Tidiane Gadio, passati nei ranghi dell’opposizione dopo essere stati banditi dal palazzo presidenziale.

Fonte: www.vita.it, 31/01/2012

giovedì 2 febbraio 2012

KOLDA 2.0 UBUNTO! GIUGNO 2010

Ad aprile 2010 è partito il container da Venezia contenente: due ecografi (di cui uno destinato all’ospedale di Kolda e uno al Villaggio di Coumbacarà), due poltrone da dentista ed materiale correlato per l’utilizzo (destinati all’ospedale di Kolda), 20 computer (per l’internet point e per il Liceo di Kolda), 2 stampanti, 3 macchine da cucire e stoffe, una fotocopiatrice, materiale didattico per il liceo di Kolda, materiale ginecologico e una toilette (per il Villaggio di Coumbacarà). Io e Andrea, informatico volontario di Faber Libertatis, siamo partiti il 15 giugno per un viaggio a Kolda di due settimane. Avevamo 4 obiettivi: 1) Predisporre ed avviare l’internet point della ONG 7a. 2) Incontrare il preside del Liceo di Kolda ed installare i PC destinati alla scuola. 3) Monitorare l’avanzamento di alcuni progetti agricoli e zootecnici promossi in dei villaggi da alcune associazioni di Padova. 4) Verificare che il materiale ginecologico fosse arrivato integro e completo a Coumbacarà ed avviare i lavori per la predisposizione di una toilette e per l’acqua corrente all’interno della Case de Santè. In un secondo momento sarebbero arrivati i medici di Bethania Hospital Services per implementare il reparto maternità e occuparsi della formazione del personale locale sulla strumentazione. Del progetto “Adeguamento delle strutture sanitarie del Centro di Salute di Coumbacarà, Regione di Kolda (Senegal), a salvaguardia della salute materna e del bambino, formazione del personale locale nel settore ostetrico e ginecologico e sensibilizzazione della popolazione” promosso dall’associazione Bethania Hospital Services parlerò più avanti.
In queste due settimane siamo riusciti a fare tutto, grazie anche al supporto di personale della ONG 7a e del Liceo di Kolda, in particolare Samba Diao, tecnico informatico, che ci ha raggiunto in Italia circa un anno fa per qualche settimana per proseguire la sua formazione con Andrea su Linux.
Ecco il centro in cui abbiamo installato l’internet point, situato a Kolda, gestito dalla ONG 7a e già funzionante (dispone di sale di formazione, camere da albergo, cucina in comune, e altri servizi).

Il materiale è arrivato quasi tutto, ed è stato sistemato temporaneamente in una delle stanza per la formazione. La stanza predisposta dalla ONG per l’Internet point non era assolutamente adatta, così abbiamo iniziato il soggiorno facendo i pittori e piccoli lavori di manutenzione (ad esempio pulire i tetto per rinforzarlo ed isolarlo).

Successivamente abbiamo comprato dei mobili porta PC, li abbiamo montati (non erano tanto diversi dai mobili Ikea!), sistemato e verificato i PC, predisposto la rete (con intervento di Sonatel) e fatto i cablaggi (vedete una foto in cui tutti preparano i cavi di rete, dopo gli insegnamenti di Andrea!).






Infine ecco una foto della formazione su Linux e sulla gestione di un internet point con i ragazzi della ONG e Samba Diao. Io durante la formazione - dato che di Linux ci capisco poco - me ne sono andata in giro per i Villaggi per documentare l’avanzamento di un progetto di orticoltura e microcredito rivolto alle donne e promosso dall’Associazione Italia Senegal 7a e dal Gruppo Donne di Ponte San Nicolò, ed anche su questo versante è andato tutto bene!