La mia prima esperienza a Kolda, presso la ONG 7a è stata nel 2005, realizzata insieme ad una mia collega, Chiara, all'interno del tirocinio conclusivo del mio corso di laurea triennale in Cooperazione allo Sviluppo dell'Università di Padova. Trascrivo qui di seguito sotto forma di lettera, alcuni ricordi più significativi del primo periodo a Kolda ne nei villaggi limitrofi.
I
primi giorni a Dakar sono stati davvero difficili. Abbiamo alloggiato presso
una zia di Awa, la figlia del presidente della ONG 7a e lì abbiamo iniziato a
capire come funziona la famiglia africana: persone nuove che sbucano da tutte
le parti ogni giorno e non si riesce a capire chi è figlio di chi, quante mogli
ha tizio, quanti figli ha caio. Inoltre qui hanno tutti il vizio di parlarci in
wolof e di sghignazzare con gli altri nella loro lingua. La grande famiglia che abbiamo conosciuto è stata sempre
squisita con noi…avevamo sempre qualcuno che ci accompagnava a telefonare o a
fare un giro, in quanto era sconsigliato uscire sole. Ma il vero problema è
stato affrontare Dakar: tutti ci erano addosso e cercavano di venderci tutto,
un inquinamento che supera l’immaginabile e gente ovunque.
Il
viaggio per arrivare a Kolda è stato un incubo: in 8 dentro
una normalissima station wagon, adattata con dei sedili di fortuna a contenere
così tanta gente. La temperatura è passata in 4 ore da 20 a 42 gradi. Da ora siamo alloggiate a casa del presidente della ONG, il dottor Mballo. Dormiamo in una capanna circolare con uno splendido tetto
di paglia, enorme. Non c’è acqua corrente, ci si lava con i secchi d’acqua che
prendiamo dal pozzo, per fortuna il pozzo si trova nel giardino della casa. Si
mangia con le mani in un grande piatto comune e solo riso. La casa è abitata da moltissime persone: ci sono tre
ragazzi che abitano in una stanza a fianco alla nostra capanna, due studiano e
uno lavora, poi c’è una ragazza che penso sia la cugina di qualcuno, poi c’è la
seconda moglie di Mballo, sua figlia, donne che vanno e vengono, ragazzi che vanno e vengono (amici dei ragazzi che vivono
qui). E anche se non ci sono i padroni di casa non importa, la gente entra
prende il the, si siede, mangia parla, se ne va, ne arriva altra, alcuni
dormono qui, altri sono amici di amici, alcune sono le donne che beneficiano
dei progetti della ONG.
Abbiamo
conosciuto i vari agenti che lavorano a 7a e sono davvero persone in gamba e
con grande passione. Già il primo giorno abbiamo assistito ad un’assemblea sul
progetto sulla patata: erano presenti le rappresentanti dei villaggi e si sono
confrontate nella produzione e commercializzazione della patata. Pian piano
stiamo iniziando a conoscere i vari progetti della ong: sesamo, mais,
microcredito e educazione sanitaria.Siamo andate a visitare un villaggio beneficiario di un progetto di microcredito per le donne: Ilyao.
Arrivate
al villaggio siamo rimaste parecchio a parlare con la presidente e altre donne,
abbiamo mangiato (alle12…riso) e poi abbiamo ri-mangiato (riso alle 15), per
scoprire che il pasto delle 12 era solo la colazione. Poi Chiara ha avuto la geniale idea di fare
un po’ di palloncini per i bambini del villaggio...nel giro di 20 minuti sono
arrivati tutti i bambini del villaggio che hanno accerchiato lChiara, la
quale è dovuta rifugiarsi nella capanna per sopravvivere. Quindi ci siamo
ritrovate io, chiara (che continuava a fare palloncini...ne avrà fatto almeno
100) altre due persone dentro la capanna con la porta bloccata dai bambini e 42
gradi!! E non potevamo uscire ne tanto meno tornare a casa perché stavamo
aspettando alcuni agenti 7 a che erano andati in moschea a pregare. Alla fine
usciamo dalla capanna e io vengo trascinata in un’altra capanna da una donna
che vuole assolutamente mostrarmi il suo bambino appena battezzato. Prego un
agente di 7a di accompagnarmi (almeno per tradurmi da peul a francese) e entro
nella capanna: tutta la famiglia mi si presenta e lì sfoggio il mio peul base e
poi la donna mi fa accomodare e mi mette il braccio il suo bambino…poi mi hanno
chiesto di fare foto: prima alla madre e al bambino, poi a tutta la famiglia allargata
e infine siamo dovute andare a cercare il padre perché la donna voleva anche
una foto con suo marito. E per finire abbiamo trovato anche degli amici del
padre che hanno voluto anche loro delle foto. Pazzesco! Una giornata
meravigliosa. Poi Chiara ha avuto un’altra brillante idea: “Giulia fammi una
foto con i bambini”…sono arrivati bambini da tutto il villaggio per farsi
fotografare...infine mi fa “fammi una foto con quel bambino che ha il
palloncino in mano”...tutti i bambini sono corsi a prendere i loro per farsi
fotografare di nuovo!! E
per concludere la giornata la presidente del GPF (gruppo promozione femminile)
ci ha regalato un gallo come segno di benvenuto.. il povero gallo si è fatto
tutto il viaggio con le zampe legate sul bagagliaio del pick up. Ma non si
poteva certo rifiutare!
Formazione donne sul microcredito e sul meccanismo del prestito -Villaggio di Coumubacarà (2005)